Il 12 dicembre 1969 la strage di
Piazza Fontana diede l’avvio
all'offensiva dello stato per annientare ogni sogno di giustizia sociale
e di dignità umana rivendicati e praticati dagli sfruttati nelle lotte
del '68 e dell'autunno caldo del '69. L’assassinio dell’anarchico
Pino Pinelli, gli arresti degli anarchici
Pietro Valpreda,
Emilio Bagnoli, Emilio Borghese, Enrico Di Cola, Roberto Gargamelli, Roberto Mander
e dei tantissimi altri compagni accusati delle stragi di stato, furono
un espediente per creare il panico sociale necessario a favorire svolte
autoritarie, ma l’immediata e quotidiana opera di controinformazione
degli anarchici e di tutto il movimento, smascherò tempestivamente
questo intento.
Le attività di lotta e di denuncia delle
connivenze palesi tra servizi segreti e fascisti trasformarono in un
boomerang questa offensiva reazionaria.
La strategia della tensione lascia il posto, 44 anni dopo, alla strategia della menzogna.
Come
ogni dittatura economica, lo stato “democratico”, riscrive
continuamente la storia a proprio uso e consumo, cercando di insabbiare
ogni prova delle sue malefatte.
Utilizzando solerti pennivendoli
che si reinventano di tanto in tanto improbabili teorie la cui unica
caratteristica comune è di accusare, oggi come ieri, gli anarchici.
Contro l’ennesimo tentativo di infangare la nostra memoria, accusiamo, oggi come ieri, di strage e assassinio questo Stato.